Green pass, controlli, divieti di accesso e sanzioni: ancora una volta problemi sulle spalle (già cariche) delle imprese.

Il nostro legislatore ci ha abituati ormai a legiferare nell’urgenza e questa volta i problemi sono notevolissimi.
A partire dal 6 agosto, infatti, in forza del decreto legge 23.7.2021, n.105 è consentito esclusivamente ai soggetti muniti di una delle certificazioni verdi COVID 19, l’accesso ad un elevato numero di servizi ed attività, ovvero:

• Servizi per la ristorazione svolti da qualsiasi esercizio per consumo al tavolo al chiuso;
• Spettacoli aperti al pubblico, eventi e competizioni sportivi;
• Musei, altri istituti e luoghi della cultura e mostre;
• Piscine, centri natatori, palestre, sport di squadra, centri benessere, anche all’interno di strutture ricettive, limitatamente alle attività al chiuso;
• Sagre e fiere, convegni e congressi;
• Centri termali, parchi tematici e di divertimento;
• Centri culturali, centri sociali e ricreativi, limitatamente alle attività al chiuso e con esclusione dei centri educativi per l’infanzia, i centri estivi e le relative attività di ristorazione;
• Attività di sale gioco, sale scommesse, sale bingo e casinò;
• Concorsi pubblici.

I titolari o i gestori “sono tenuti a verificare che l’accesso ai predetti servizi ed attività avvenga nel rispetto delle dette prescrizioni”.

In caso di violazione può essere elevata una sanzione pecuniaria da 400 a 1000 euro sia a carico dell’esercente sia dell’utente.
Qualora la violazione fosse ripetuta per tre volte in tre giorni diversi, l’esercizio potrebbe essere chiuso da 1 a 10 giorni.

Le certificazioni dovrebbero esser verificate digitalmente, ma il decreto non c’è e soprattutto non è facile conciliare il libero accesso ai luoghi aperti al pubblico come sono, ad esempio, bar ristoranti ed in genere le attività commerciali con quello che in effetti diventa un divieto di accesso collegato alla mancata dimostrazione di esser vaccinato, già malato e guarito, oppure “tamponato”.

E poi: se l’imprenditore datore di lavoro non può obbligare i dipendenti alla verifica sanitaria né al vaccino, è corretto che possa vietare l’accesso agli utenti?

Ma, a parte le questioni di libertà individuali e diritti costituzionali, che sembrano ormai arretrare, non si può dimenticare che la normativa sulla tutela dei dati delle persone fisiche non consente, ad oggi, all’esercente o gestore del servizio o dell’attività di accedere ai dati sanitari dei clienti e/o potenziali tali.
Chiedere l’esibizione del green pass equivale proprio a trattare i dati sanitari e ciò nell’ambito dei rapporti commerciali non è previsto né consentito.
Anche ricorrere alla normativa emergenziale che consente la misurazione della temperatura non sembra sufficiente, se si considera che si tratta di dati che comunque non possono esser né registrati né conservati, né identificano la persona.

Del resto il Garante della Privacy ha già avuto modo di rilevare che l’introduzione e l’utilizzo dei certificati verdi a livello nazionale potrebbe esser legittima solo se in linea con gli elementi essenziali richiesti dal Regolamento (artt. 6, par. 2, e 9) e dal Codice in materia di protezione dei dati personali (artt. 2-ter e 2-sexies), prescrizioni che allo stato non risultano rispettate.

A fronte di tale complessa situazione IN4MATI ed i suoi consulenti saranno al fianco delle aziende per offrire le migliori soluzioni e nel contempo assisterle in caso di controlli e contestazioni, anche in questo periodo agostano!